giovedì 27 gennaio 2011


27 GENNAIO, per non dimenticare
giornata della memoria
“[...] Credo in Dio e negli uomini e oso dirlo senza falso pudore. La vita è difficile ma non è grave: dobbiamo cominciare a prendere sul serio il nostro lato serio, il resto verrà da sé. Una pace futura potrà essere veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in se stesso; se ogni uomo si sarà liberato dall'odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo; se avrà superato quest'odio e l'avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore, se non è chiedere troppo. E' l'unica soluzione possibile. È quel pezzettino d'eternità che ci portiamo dentro. Sono una persona felice e lodo questa vita, nell'anno del Signore 1942, l'ennesimo anno di guerra

venerdì 21 gennaio 2011

MINETTI E CO. “Mandateci Nicole Minetti, a fare i banchetti!”. “Raccogliere firme per Silvio? Chiedetelo a Lele Mora!”. Rivolta in casa Pdl, dopo la bufera del Bunga-bunga. Lunedì sera c’è stata una riunione nella sede del partito in viale Monza. Presenti due ministri, Ignazio La Russa e Mariastella Gelmini che, davanti a una platea composta dai dirigenti cittadini, hanno chiamato alla mobilitazione e chiesto di organizzare una giornata in sostegno di B. Inaspettate le reazioni: il malumore che da qualche giorno circola nelle file del centrodestra, secondo quanto racconta chi c’era a quella riunione, è esploso. Prima erano solo battute al veleno. Del tipo: visti i soldi che girano per le ragazze, i banchetti pagateceli. Oppure fateli fare alle ragazze di Lele Mora. A raccogliere le firme mandateci la Minetti. E smettetela di usare noi militanti per coprire i vostri casini… Poi sono arrivati anche gli interventi apertamente critici.

Incredibile, nel partito a Milano, cuore del berlusconismo. Per la prima volta, si sono sentite voci dissonanti dalla linea della difesa a oltranza del Capo. La Russa e Gelmini allibiti. I dirigenti cittadini stanchi, frastornati, arrabbiati. “Ora per la mobilitazione”, spiega un dirigente Pdl, “dovranno contare soprattutto sui consiglieri comunali uscenti, ricattati dalla eventualità di non essere più ricandidati la primavera prossima”. La pietra dello scandalo è lei, Nicole Minetti, soubrette di “Colorado cafè” diventata consigliera regionale Pdl, che dalle intercettazioni del caso Ruby esce come “l’istruttrice”, colei che “briffava”, preparava e smistava le ragazze prima delle feste a luci rosse di Arcore. Ora è tutto più chiaro. Anche il pasticcio dell’esclusione del listino di Roberto Formigoni alle ultime elezioni regionali e le polemiche sulle firme, che secondo i Radicali di Marco Cappato (e non solo loro) erano false.

È la notte del 27 febbraio 2010 quando, dopo trattative defatiganti, viene finalmente compilata la lista definitiva dei candidati nel listino “Per la Lombardia” di Formigoni. Sedici persone, i primi otto sicuri di essere eletti. La Lega voleva sei posti sicuri, ma gli uomini del Carroccio sono quasi tutti inseriti nella seconda parte (e infatti non saranno eletti). In compenso, nella parte sicura, spuntano candidati inaspettati: Minetti appunto, e Giorgio Puricelli, ex fisioterapista del Milan. Entrambi, scopriamo ora, avevano un ruolo nel Bunga-bunga. Reclutatori, organizzatori, istruttori. Imporli all’ultimo momento vuol dire dover rifare la raccolta delle firme necessarie per la presentazione delle liste: tutto in una notte? Impossibile, sostiene Cappato. Per questo molte firme sarebbero state falsificate. Per questo i giudici escludono subito il listino Formigoni dalla competizione elettorale, recuperandolo e riammettendolo solo in un secondo tempo. “Il listino si è trasformato in un casino”. Così si ripeteva in Consiglio regionale. Ma il ciellino Formigoni non ha niente da dire. La morale e lo stile di vita corretto li si pretende dai semplici cristiani, non da Berlusconi e dalle sue amiche. Le competenze e capacità politiche dei candidati, poi, sono optional. Così il Bunga-bunga è entrato al Pirellone.




giovedì 13 gennaio 2011

Rutelli - Fini - CasiniRutelli - Fini - CasiniGoverno paralizzato, paese fermo, ripresa economica lontana: sono queste le considerazione odierne di Gianfranco Fini, presidente della Camera e cofondatore, insieme a Casini e Rutelli, dell’ormai famigerato Terzo Polo che, in nome della responsabilità, auspica un patto di salvezza nazionale per tirare fuori il paese dalle secche. In realtà, da quando il Terzo Polo ha fatto la sua comparsa sulla scena politica italiana, il pantano politico si è fatto ogni giorno più vischioso. Non credo di sbagliare quando dico che il Terzo Polo ci sta portando, in nome della responsabilità verso la palude… dell’irresponsabilità, quella palude di immobilismo e di indecisionismo che ricorda tanto da vicino quella conservativa e old style della vecchia Dc. Il Terzo Polo è la prova, se ce ne fosse bisogno, che la fine del bipolarismo farebbe compiere al Paese un salto nel passato, consegnandolo a quelle vecchie logiche spartitorie e partitocratiche che hanno caratterizzato decenni di governi democristiani, di cui paghiamo ancora oggi il conto soprattutto in termini di debito pubblico e mancato sviluppo economico. Il problema, a mio avviso, è che il Terzo Polo ha tre vizi di forma che partono proprio dalla testa, anzi, dalle teste di Casini, Fini e Rutelli. Il leader dell’Udc è afflitto da una cronica sindrome dell’equilibrista che ha imparato bene alla vecchia scuola scudocrociata, alla ricerca perenne di mirabolanti equilibrismi per evitare accuratamente ogni soluzione o prospettiva concreta e non precludere di conseguenza nessuna porta, tanto a destra quanto a sinistra. Poi c’è Gianfranco Fini, in perenne ritardo, che ci ha impiegato 15 anni a capire chi era Berlusconi, vittima ogni volta di una sorta di sindrome di Stoccolma nei confronti del suo momentaneo carceriere, ieri Berlusconi oggi Casini. Infine, c’è lui, Rutelli, l’eterno numero uno mancato che, grazie a Casini e Fini, è resuscitato e assunto di nuovo all’onore delle cronache politiche, non per meriti ma per osmosi. Il risultato di questo mix poco convincente è una miscela loffia e spenta, un Terzo Polo retro-guardista, che non decide nulla, che non propone nulla, che guarda al suo ombelico invece che a quello del Paese. Quali riforme, che pure i tre auspicano e invocano ogni giorno, si possono immaginare con il Terzo Polo? Nessuna. Non è un caso, infatti, che da tre mesi a questa parte, il Parlamento non abbia più discusso o approvato un provvedimento. Non è un caso che Gianfranco Fini, presidente della Camera, non abbia più calendarizzato uno straccio di provvedimento, solo ratifiche e accordi di terzo e quarto ordine. Il patto di emergenza, dunque, è un’operazione falsa e ipocrita, scritta in politichese, quello conservativo e retro-guardista targato Dc che, per quanto ci riguarda, vorremmo vedere chiuso per sempre nei cassetti della memoria di questo Paese.

martedì 11 gennaio 2011

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Marchionne è solo un dipendente degli Agnelli. E' pagato per farli guadagnare e per agire da parafulmine. Nient'altro. La sua crudezza di linguaggio (e di azione) che scade nella pura provocazione per i cassintegrati, i licenziati e per gli operai che accettano ogni condizione per non perdere il posto di lavoro, è inaccettabile. I suoi padroni gli mettano la museruola. Se la Fiat ha ogni diritto di spostare la sua produzione all'estero, gli italiani hanno un diritto ancora più grande di presentarle il conto.Per decenni i profitti degli Agnelli e dei grandi azionisti li hanno pagati i contribuenti italiani, dalla cassa integrazione quando la Fiat aveva i conti in rosso, ai contributi per le rottamazioni, agli incentivi per le fabbriche al Sud. Gli Agnelli, la cui voce non si è ancora sentita durante la trattativa, facciano pure armi e bagagli, ma prima paghino le decine di miliardi di cui sono debitori allo Stato italiano.

lunedì 10 gennaio 2011

Pensieri, parole e deliri di Bossi e Borghezio...


Lo show del leghista Borghezio: “L’Abruzzo è un peso morto come tutto il sud”

Il deputato dell'Italia dei Valori, Leoluca Orlando: ''Borghezio chieda scusa immediatamente ai terremotati"

”Questa parte del Paese non cambia mai, l’Abruzzo è un peso morto per noi come tutto il Sud”. A dirlo è l’esponente leghista, Mario Borghezio in un’intervista al programma televisivo KlausCondicio, in onda su You Tube. “C’è bisogno di uno scatto di dignità degli abruzzesi. E’ sano realismo padano”, conlcude.

Borghezio aggiunge: “Il comportamento di molte parti delle zone terremotate dell’Abruzzo è stato singolare, abbiamo assistito per mesi a lamentele e sceneggiate. Eccezioni ci sono dappertutto, ma complessivamente è stata un po’ una riedizione rivista e corretta dell’Irpinia: prevale sempre l’attesa degli aiuti, non ci sono importanti iniziative autonome di ripresa. Si attende sempre che arrivi qualcosa dall’alto, nonostante dall’alto arrivi molto. Mi domando quale sarebbe stata la reazione degli abruzzesi nei confronti di un comportamento ‘risparmiosò da parte dello Stato, con l’invio di aiuti a gocce come è per i veneti; questo fa solo aumentare il senso di disaffezione dei veneti verso lo Stato centralista, credo che siamo ormai giunti ad un punto di rottura”.

“Mi rifiuto di rispondere a taleaffermazione che un esponente di un partito di governo, moralmente, non avrebbe mai dovuto fare”. Lo ha detto il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente. “Borghezio – ha aggiunto – all’interno del suo partito ha la licenza di spararle sempre più grosse e a volte disgustose. Inevitabilmente lo scopo è elettoralistico”.

Alle parole dell’esponente del Carroccio risponde Leoluca Orlando, dell’Idv. ”Borghezio chieda scusa immediatamente ai terremotati dell’Abruzzo perché ha offeso la sofferenza dei vivi e il ricordo dei morti. Un peso morto per lo Stato e per gli italiani non sono gli abruzzesi, ma è Borghezio e i leghisti come lui”. Orlando aggiunge: “Il Carroccio si dissoci dalle inqualificabili parole dell’europarlamentare e chieda scusa ai poveri cittadini abruzzesi che, oltre alla grave tragedia subita e alle mille promesse non mantenute da questo governo, ora si devono anche sentire gli oltraggi di persone come Borghezio”. “Si domandi – conclude il deputato dipietrista – come mai Berlusconi ha cessato le passerelle mediatiche a L’Aquila e perché le macerie sono ancora nel centro storico dove non è mai iniziata la ricostruzione”.

“Non mi sognerei mai di dire che l’Abruzzo e i terremotati abruzzesi sono un peso morto per il Paese”. Chiarisce poco dopo lo stesso Borghezio, che precisa: “Il mio disappunto -spiega – è, semmai, per l’ennesima conferma dell’atteggiamento che le amministrazioni, più ancora che le popolazioni, del meridione, mettono in campo di fronte ai problemi, alle emergenze ed alle catastrofi. Quello cioè di far prevalere le tradizionali, eterne aspettative nei confronti dello Stato centrale, anziché rimboccarsi le maniche come hanno dimostrato di saper e voler fare, ad esempio, le popolazioni venete, anche di recente”.

domenica 9 gennaio 2011

L'UNITA' NEL RECINTO DI CAPRE PAZZE

celebrazioni 150 anni unità d'italiacelebrazioni 150 anni unità d'italiaLe celebrazioni per i centocinquanta anni dell’unità d’Italia si stanno trasformando in uno spettacolo indecoroso. I protagonisti assoluti sono i leghisti, che, pur essendo una componente fondamentale del governo del Paese, vivono questo evento con malcelata insofferenza, quando non in aperta polemica antinazionale. “Senza federalismo non ha senso celebrare l’unità” dice Bossi. Il governatore del Veneto che in un’intervista al tg3 tentenna. E’ d’accordo – gli chiedono - con Napolitano? E lui: beh boh mah è un discorso complesso che non si può ridurre ad un’intervista. Come i ragazzini a scuola quando non hanno studiato e non sanno rispondere all’interrogazione. E la Gelmini? Nella maggior parte delle scuole neanche un’iniziativa per la ricorrenza. Per non parlare di Berlusconi, che diserta sistematicamente le ricorrenze legate all’Unità. Sono personalmente contrario ad ogni forma di retorica, ma l’unità nazionale è un valore fondante della nostra Costituzione. E non è certamente in antitesi con federalismo. Per questo mi sento ancora più offeso dall’atteggiamento ostile di questo governo all’Unità d’Italia. D’altronde quando si governa con la Lega, si deve pur pagare pegno. Questa vicenda dimostra a tutti ed in maniera chiara che il governo è ostaggio dei deliri del Carroccio, vero padrone dell’esecutivo. Un governo schizofrenico che da un lato, con parte del Pdl, fa del nazionalismo un’esca elettorale, dall’altra, con la Lega, fomenta le pulsioni disgregative e localistiche. Più che un governo è un recinto di capre pazze con un pastore incapace di mantenere l’ordine nel gregge. Ci sono ministri che non fanno nulla, lasciando che ai ministeri comandino lobby e comitati d’affari, altri che invece gli affari li fanno eccome. Da soli o con le cricche. A proposito, chissà se Scajola ha finalmente scoperto chi gli aveva pagato la casa. Cose dell’altro mondo…Altri ancora sono buoni, pii, mansueti, pensano alla famiglia e non fanno affari, No, li fanno fare ai familiari, assumendoli nei ministeri. Vero Bondi? E qui mi fermo. Non torno su Berlusconi che se ne frega del bene comune e pensa solo agli affari suoi perché è scontato e lo sanno tutti. Ed allora, se questa è la situazione, permettetemi una provocazione. Sono italiano, orgoglioso di esserlo, credo nel federalismo all’interno di uno stato unitario, ma oggi vorrei essere londinese. Perché vi chiederete? Perché ho letto una notizia che merita di essere citata. La stampa inglese, il Daily Telegraph in primis, ha sollevato lo scandalo dei rimborsi truccati di molti deputati. Molti deputati e membri del governo si sono dimessi. E’ arrivata la prima condanna per un deputato, David Chaytor: 18 mesi senza condizionale per aver chiesto il rimborso delle spese d’affitto, alloggiando in realtà in casa della figlia. Una somma tutto sommato non eccessiva: 22.000 euro, che poi sono stati anche restituiti. La motivazione del giudice dice “lo scandalo delle spese ha fatto traballare la confidenza del legislatore e quando un pubblico ufficiale è colpevole di offese del genere è necessario che seguano sanzioni penali così che le persone si rendano conto di quanto sia importante essere onesti nel trattare fondi pubblici”. Sono italiano, ma oggi mi sento anche un po’ inglese.

Napolitano ha detto: "Anche il nord deve avere coscienza di come nacque l'Italia" ignorando che quasi nessuno sa ancora come "nacque l'Italia" al Nord come al Sud. In particolare al Sud che fu occupato (non liberato dai Savoia), depredato (la cassa dei Borboni fu trasferita a Torino seduta stante), diffamato e sterminato (i briganti erano spesso patrioti e furono centinaia di migliaia le vittime), costretto all'emigrazione a milioni (prima dei Savoia l'emigrazione era pressoché inesistente), obbligato alla leva militare e a un numero interminabile di guerre (dalla terza guerra di indipendenza contro i "fratelli veneti" alla seconda guerra mondiale). Napolitano che è per l'appunto di Napoli, si rechi nel Meridione e spieghi a Bari, a Palermo, a Reggio Calabria con parole sue come "nacque l'Italia" e perché le mafie si sono diffuse dopo l'Unità.