mercoledì 29 dicembre 2010

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Non so se nell'Italia dei Valori ci sia un problema morale, ma non credo. Non tutto si può prevedere e nessuno è perfetto. Antonio Di Pietro ha sbagliato? Non è la prima volta e non sarà l'ultima, a iniziare dalla candidatura di Vincenzo De Luca in Campania. Prenda, se necessario, la ramazza e faccia pulizia. Applichi ai suoi compagni di partito la regola che ha sempre fatto sua, quella che se uno è rinviato a giudizio deve "correre dal giudice a farsi processare" e sospendersi temporaneamente dalle cariche pubbliche e dal partito. Se verrà assolto, questo gli farà onore. Se sarà condannato, le dimissioni erano dovute. Chi fa la morale a Di Pietro, che si dimise nel 1996 da ministro per sostenere un processo a seguito di accuse dimostratesi infondate (venne prosciolto perché i fatti non sussistevano) dovrebbe, prima di parlare, seguirne l'esempio, e mi riferisco a Luigi De Magistris, l'unico, che io sappia rinviato a giudizio e rimasto al suo posto nell'Italia dei valori

lunedì 27 dicembre 2010

E' nata prima la causa o l'avvocato? Non ci sono dubbi: l'avvocato! Poiché ogni avvocato per vivere ha bisogno di un numero minimo di cause, queste tendono ad aumentare. E' la legge del mercato. Per questo ho accolto con favore la proposta di riforma forense di Alfano che elimina di fatto 50.000 avvocati in virtù dell'articolo 20 (*). La proposta è stata approvata dal Senato il 23 novembre 2010 e prevede la cancellazione dall'albo in caso di mancato raggiungimento di un reddito minimo o svolgimento continuativo della professione. Alfano è lui stesso avvocato, ma la legge, come è ovvio, non lo riguarda in quanto esclude dalla cancellazione dall'Albo gli avvocati parlamentari. Molti hanno seguito la sua stessa strada, infatti il numero di principi del foro è sterminato, grande a tal punto che per la mancanza di clienti si riciclano in Parlamento. E' la prima professione sia al Senato, con il 14,3%, che alla Camera, con il 14%. Ci sono più avvocati nella provincia di Roma che in tutta la Francia, uno ogni 109 cittadini. In Italia sono almeno 160.000. Se un tempo in ogni famiglia c'era un prete, oggi c'è un avvocato. Quando venne chiesto all'allora ministro della Giustizia Mastella di fissare dei paletti per l'iscrizione all'albo, il ceppalonico ora rifugiato all'estero, rispose: "Ma come si fa se poi ci sono tanti ragazzi, soprattutto al Sud, in cerca di lavoro".
Meno avvocati significa meno cause a partire dalle querele. Io non potrei vivere senza avvocati dato il numero pressoché quotidiano di denunce che ricevo (e che quasi regolarmente vinco), ma ne farei volentieri a meno, anche per motivi economici. Oltre agli avvocati vanno diminuiti i processi, a partire dai tre gradi di giudizio che dovrebbero diventare due. Le cause si tramandano ormai di padre in figlio. Nel Programma del MoVimento 5 Stelle è riportato un punto molto importante per evitare intimidazioni da parte di politici, industriali e gradassi di ogni tipo insieme alle parcelle degli avvocati: "Depenalizzazione della querela per diffamazione e riconoscimento al querelato dello stesso importo richiesto in caso di non luogo a procedere (importo depositato presso il tribunale in anticipo in via cautelare all'atto della querela)". Se qualcuno ti denuncia e sbaglia deve pagare quello che ti ha chiesto come risarcimento per i danni morali. Italia, patria di santi, poeti, navigatori e legulei. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.

(*) art. 20.
1. La permanenza dell’iscrizione all’albo è subordinata all’esercizio della professione in modo effettivo, continuativo, abituale e prevalente, salve le eccezioni previste anche in riferimento ai primi anni di esercizio professionale. Le modalità di accertamento dell’esercizio effettivo, continuativo, abituale e prevalente della professione, le eccezioni consentite e le modalità per la reiscrizione sono disciplinate con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 1 e con le modalità nello stesso stabilite... 4. La mancanza della effettività, continuatività, abitualità e prevalenza dell’esercizio professionale comporta, se non sussistono giustificati motivi, la cancellazione dall’albo...

Berluscoma 2010

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"I peccati capitali di Paolo Flores d'Arcais" di Antonio Di Pietro | 27 Dicembre 2010
Tieniti aggiornato: www.antoniodipietro.it

martedì 14 dicembre 2010

1867,398 miliardi di euro è il nuovo record del debito pubblico. In ottobre ci siamo divorati 23 miliardi, a settembre il debito era di 1844 miliardi. Nello stesso giorno del record che ci trascina verso l'abisso economico, il 14 dicembre 2010, alla Camera dei deputati Berlusconi ha vinto per 314 a 311.
Si è svolto nella sala di velluti rossi un confronto osceno di compari che sentono l'odore della rivoluzione nelle strade e cercano di salvarsi con un doppio carpiato come Fini, rinnegando 15 anni di inciuci come Bersani e Casini. Nell'aula ridotta a un palcoscenico di mestieranti con battute da avanspettacolo e applausi improvvisi che scacciavano la paura del futuro (come quelli alla bara portata a braccia quando esce dalla chiesa) ci sarebbe voluta la follia di un Lombroso per interpretare volti, smorfie, ghigni, gesti. Per illustrare una nuova antropologia: quella della merda. In un Parlamento di venduti non è possibile parlare di voti comprati, come non è possibile trovare vergini in un lupanare. La recita dei deputati ha avuto ancora una volta la sua rappresentazione. Attori con stipendi stellari, macchine blu, finanziamenti (furti) elettorali da un miliardo di euro bocciati da un referendum, giornalisti al loro servizio pagati con una mancia di 329 milioni mentre il Paese va a picco. Guardateli, non vi fanno schifo?
La Camera dall'alto sembrava questa mattina un ritrovo di vecchi compari, Berlusconi che accarezza il collo di Casini, il Bocchino tradito, il Fini paralizzato da una votazione che lo manda in pensione dopo 40 anni di carriera politica in cui non ha visto nulla, sentito nulla, detto nulla prima di uscire dal sarcofago, la "vajassa" di Fassino. Le labbra della Mussolini e quelle della Carfagna, gli occhiali da sole di Frattini. Le donne incinte, tra cui l'avvocatessa del prescritto per mafia Andreotti in carrozzella. La corte dei miracoli aveva più dignità, un circo ha più serietà, un bordello più dignità.
Nel 2011 la crisi economica spazzerà via questa umanità ridente che si è appropriata dello Stato e dei media. Straccioni sociali che hanno avuto nella politica l'unica via per il successo, per sentirsi importanti, indispensabili, "onorevoli". Io non salvo nessuno e auguro a tutti di ritirarsi per tempo, prima che lo faccia la Storia che è, come si sa, imprevedibile e feroce

lunedì 6 dicembre 2010

SILVIO BERLUSCONI LA STAR

Io sono la star”. Non l’ha detto Julia Roberts né Leonardo Di Caprio, che in effetti potrebbero vantare il titolo. Lo ha detto Silvio Berlusconi, durante l’ultimo summit internazionale. Ragione di questa auto definizione, tra lo psichiatrico ed il comico, è che tutti i capi di stato dell’altro mondo gli hanno chiesto di farsi una foto assieme. Un click e via, tanto basta a Silvio Berlusconi e al suo ego ipertrofico per consolarsi di tutto il male che dal suo paese gli giunge. Ma parlare di gigantesca vanità, di immensa immodestia, di ego da manicomio, non basta a spiegare la ragione per la quale il presidente del Consiglio arrivi a pronunciare simili, come dire, stronzate. Nonostante, con ogni probabilità, la prossima settimana calerà il sipario sull’era di Silvio, nonostante Wikileaks lo stia sputtanando in lungo ed in largo, nonostante Gianfranco Fini gliene dice di tutti i colori – se avesse ammesso i suoi errori non saremmo a questo punto, come disse Ted a Joanna in Kramer contro Kramer così disse Gianfranco a Silvio, anche se la loro assomiglia più alla Guerra dei Roses per la spartizione dell’immenso patrimonio - Berlusconi gongola e mena vanto. Ed è proprio qui la chiave di lettura di “Silvio gongolo”. Con l’arrivo di Berlusconi al potere, è nato un nuovo modello culturale che ha ribaltato il concetto di eroe positivo. Autodefinirsi star è la patetica determinazione di leader populisti nati e cresciuti in tv di mascherarsi da eroi e che, come ha scritto bene oggi su la Repubblica Filippo Ceccarelli, all’azione di governo preferiscono i linguaggi emozionali tipici dell’industria dello spettacolo. Con Silvio Berlusconi, è nato un nuovo eroe, un eroe nero e sporco, più mascalzone che per bene, che ha una condotta personale sfrenata e lussuriosa ma è figo, ha tante donne, poco importa se le paga, è maschio, virile, maneggione, con un passato da imprenditore oscuro, con pesanti ombre di corruzione. Insomma un super Corona della politica, bello e impossibile, trafficone ma muscoloso che se ne frega se qualcuno parla male di lui perché l’importante è che se ne parli. Tra Silvio Berlusconi e uno dei tanti protagonisti dei reality di Maria che imperano sulle tv del presidente biscione, non c’è nessuna differenza perché entrambi hanno capito che l’unica cosa che conta è che si parli di se, bene o male, l’importante è essere sull’onda, non è importante quello che fai ma come appari. E’ anche su questo che il nostro Paese ha bisogno di essere ricostruito. Abbiamo bisogno di una nuova classe dirigente, di eroi positivi, di Tex Willer della politica, eroi di cappa e spada che viaggiano per le praterie di questo stanco Paese a protezione dei cittadini onesti, contro le bande che lo hanno saccheggiato.